Dalle
origini sarde ma nato a Torino nel 1898 da una famiglia borghese, Giuseppe
Saragat fu uno dei maggiori rappresentanti del Riformismo italiano e fu
considerato da molti il padre del Socialismo Democratico.
In realtà
questo movimento era già attivo dal 1922 grazie al martire della Patria,
Giacomo Matteotti (segretario dell'allora Partito Socialista Unitario).
Saragat s’ispirava
al riformismo di Turati ed era un marxista convinto.
Mai lo
convinsero invece i vari Lenin e Stalin: fin dal suo esilio in Austria (durante
il fascismo) conobbe meglio di altri le vicissitudini russe venutesi a creare
durante i regimi comunisti dei due "condottieri" dell'URSS.
Dal 1926
la sua formazione politica si arricchì delle dottrine dell'austromarxismo di
Otto Bauer. È un periodo fondamentale per il giovane Saragat, dedicò infatti
tutta la sua vita alla comprensione in senso democratico del marxismo,
condannando i totalitarismi di stampo sovietico.
Per lui la
democrazia non era un morbido materasso su cui il proletariato poteva in
qualche modo adagiarsi ma era piuttosto un terreno di lotte per la conquista
delle libertà.
La stessa lotta di classe era vista da Saragat
come lotta per la libertà che, una volta conquistata, solo un sistema
democratico l’avrebbe poi preservata nel tempo.
Spese
inoltre la sua esistenza a esaltare i valori fondanti della Resistenza,
nonostante non fu vissuta da lui in prima persona: era certamente un
intellettuale poco avvezzo alla guerriglia, proprio nel '43 quando tornò in Italia,
fu subito arrestato con Sandro Pertini, storica l'evasione organizzata poi dai
partigiani che permise a entrambi i leader socialisti di compiere a Milano gli
ultimi passi verso la Liberazione del 1945.
La Costituzione
italiana porta la firma di Terracini ma Giuseppe Saragat fu il presidente
dell'Assemblea Costituente fino al 1947 quando si dimise per occuparsi a pieno
titolo della nascita del suo movimento: il Partito Socialista dei Lavoratori
Italiani.
Il PSLI nacque
nella storica scissione di Palazzo Barberini in dissenso con il suo
compagno-rivale Pietro Nenni, che ritenne invece strategica un'alleanza dei
socialisti con i comunisti.
Questa
svolta fu un punto cruciale dell'azione politica di Saragat e il tempo diede
ragione al nostro, poiché il famoso "frontismo social-comunista” non diede
i frutti sperati.
Il Fronte
Democratico Popolare, infatti, non seppe contrastare la Democrazia Cristiana (appoggiata
dagli USA e dal clero) che fu così protagonista della stagione politica dal dopoguerra
sino alla crisi di Tangentopoli nel 1992.
Il
pensiero basilare di Saragat è sempre stato quello di evitare in Italia un
comunismo di stampo sovietico e di contenere la politica moderata della DC
evitando scivolamenti a destra tra missini e reazionari. Per questo motivo
cercò di trovare un compromesso per alleanze con i democristiani dando vita ai
primi timidi governi di centro-sinistra, protagonisti in seguito di una vera
stagione riformista.
Anche in
politica estera Saragat volle inizialmente porsi in mezzo tra due blocchi,
quello occidentale e quello comunista, per permettere all'Europa di fondare
un'unione di popoli che fosse autonoma dai due schieramenti. Così non fu
(almeno fino al crollo del muro di Berlino).
Ben presto
con la nascita della NATO si andò oltre il Piano Marshall e Saragat si schierò
apertamente per il blocco occidentale, unico secondo lui in grado di garantire
la libertà nonostante le contraddizioni del capitalismo e dell'imperante
consumismo.
I
finanziamenti americani appoggiarono le iniziative del suo partito e pian piano
si trovò a essere aspramente criticato da sinistra, fu definito il
“social-traditore”.
Ma lui era
un uomo di sinistra, grande ammiratore delle socialdemocrazie del nord-Europa
che riuscivano a rappresentare con la stessa efficacia sia il proletariato sia
il ceto medio, garantendo benessere alla spina dorsale delle loro società.
Si ispirò proprio
agli stati scandinavi per la prima elaborazione del welfare italiano che
permise attraverso misure innovatrici un’offensiva contro la miseria nel nostro
Paese profondamente provato dopo la seconda guerra mondiale.
Nel 1952 a
seguito della fusione tra PSLI e PSU nacque formalmente il Partito Socialista
Democratico Italiano che non divenne col tempo un partito di massa come forse i
loro fondatori speravano.
Il PSDI
non seppe attrarre i voti del ceto medio e le continue divisioni interne lo
portarono fino a un minimo storico del 3% (nel 1987), gli scandali degli anni
novanta lo seppellirono definitivamente.
Saragat
non seppe gestire al meglio il suo partito, lui però rimase indenne dalle varie
degenerazioni della politica: fu
autorevole, saggio, sempre disponibile al dialogo, dall’elevato rigore
morale e dallo spiccato lato intellettuale.
Fu eletto Presidente
della Repubblica nel 1964 e questa esperienza lo segnò tutta la vita, divenne
uno tra i maggiori rappresentanti e difensori delle istituzioni democratiche.
Forse il
suo eccessivo anticomunismo lo penalizzò nei rapporti diplomatici con la Sinistra
ma non “odiava” il PCI, semplicemente non accettava che un partito comunista
completamente diverso da quello di altri stati (succubi dell’egemonia
sovietica) fosse incapace di distaccarsi dai finanziamenti di Mosca e da alcune
posizioni di deferenza verso l’URSS. Il Partito Comunista Italiano proveniva
dalla lotta di Resistenza e fu protagonista delle principali battaglie civili e
per i diritti dei lavoratori.
Saragat da
uomo di Sinistra era laico non consentiva l’ingerenza nella vita dello Stato da
parte della Chiesa Cattolica e prese, a questo proposito, posizioni nette
scrivendo a Moro durante le discussioni sulla legge che avrebbe poi permesso il
divorzio in Italia.
Spesso nei
suoi discorsi richiamava la difesa dei valori dell'antifascismo, furono proprio
libertà e giustizia sociale le linee guida della sua politica
socialista-democratica e riteneva la Resistenza come il secondo Risorgimento
italiano.
Un “destino
cinico e baro”, per citare le sue parole, segnò la sorte della socialdemocrazia
in Italia.
Giuseppe
Saragat si spense l’11 giugno del 1988 ma nonostante fosse impopolare nella
ricerca di un riformismo che mirava a innovare il Paese per condurlo in Europa negli
stessi anni Craxi valorizzò molto politiche riformiste di stampo
socialista-democratico.
Riprendere
oggi spunto dai momenti migliori di questi uomini significa piantare le
fondamenta per la costruzione di una seria e moderna politica che possa ridare
vanto al nostro Paese, capace con le sue risorse naturali, intellettuali,
produttive, manifatturiere, agroalimentari di fare la differenza per qualità e
capacità straordinarie.
Giuseppe
Saragat possa così essere fonte d’ispirazione per i politici di oggi.
Davide Tosello
(Bibliografia: “Giuseppe Saragat” di Fornaro
Federico - Editore Marsilio)
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